Teggiano (Salerno) 1982
La ricerca che Ianniello opera sui materiali punta soprattutto a un risultato di sintesi: il globale si fonde con il locale, la tradizione con l’avanguardia, il ready made con istanze costruttive e formali che ci riportano indietro nel tempo del fare artistico. E questo non accade per un ingenuo anacronismo, quanto piuttosto per una scelta ragionata e consapevole: quella di ripartire dagli anni in cui si imponeva l’uso di materiali pesanti e “responsabili” come il metallo, che Ianniello ama particolarmente.
Il modo di procedere di questo singolare scultore (ma sarebbe più appropriato, forse, chiamarlo pittore) contraddice la natura stessa dei materiali adottati: i metalli recuperati da Ianniello sono inquieti e senzienti, sospesi tra natura organica e oblio minerale, veri e preziosi ricettacoli di memoria. Provengono da antiche botteghe artigiane, da fattorie abbandonate, da giacimenti di archeologia industriale scovati in giro per le terre del Vallo di Diano e dei Monti Alburni.
Il postmoderno cede il passo alla rivisitazione del moderno.
L’ornamentale, il frivolo, il corrivo, sono lasciati alle spalle in nome dell’essenziale e del severo, del nucleare, dell’introspettivo.
Le frequenti sovrapposizioni tra comparti pesanti e materiali leggeri, duttili, “caldi” (come le corde) si carica da un lato di sottili pregnanze simboliche (la “ricucitura” di un’identità ferita e insidiata, personale ma anche e soprattutto collettiva), mentre dall’altro è legittimamente accoglibile come espediente estetico, come puro elemento compositivo e strutturale.
Perché anche la Sostanza, per Ianniello, non può prescindere mai dalla Forma.